La questione della pensione/vitalizio che la Magistratura del Senato in autodichia ha riconosciuto a Roberto Formigoni ha tenuto banco nella trasmissione “Non è l’Arena” di domenica 6 Giugno.
Il conduttore Massimo Giletti con il supporto del direttore del “Fatto Quotidiano”, Peter Gomez, ha ribadito la sua posizione: Formigoni, condannato per corruzione a 5 anni e 7 mesi, non ha diritto ad alcuna forma di sostegno economico.
Di più, secondo Gomez Formigoni non dovrebbe neppure ricevere i 2.100 euro mensili (che sono una parte dei contributi da lui versati allo Stato in 34 anni di attività nelle istituzioni), ma, al massimo, percepire 730 euro del reddito di cittadinanza riconosciuti ai nullatenenti.
Facile la replica di Formigoni: caro Gomez, io non sottraggo un centesimo ai cittadini italiani – perché dovrebbero elargirmi il reddito di cittadinanza? – quando posso vivere del mio salario differito, la pensione, che ho maturato versando i contributi in 34 anni di ininterrotto lavoro.
Persino il commentatore Luca Telese, che non appartiene all’area culturale, né tanto meno politica, di Formigoni, ha dovuto prendere le distanze da Gomez e Giletti chiedendosi se, dopo avere spogliato di tutto l’ex Presidente di Regione Lombardia (auto, abitazioni in comproprietà con i familiari, conti correnti), non sia allora il caso di condannarlo a morte magari sulla sedia elettrica.
Nessuna riflessione sul fatto che Formigoni abbia trascorso 5 mesi in carcere (ora è agli arresti domiciliari) per una legge, voluta dai Cinque stelle, risultata poi anticostituzionale e quindi abrogata.
Ancor meno nessun accenno a ciò che l’ex Presidente di Regione Lombardia ha fatto nei 17 anni del suo mandato.
La vera colpa di Formigoni è di essere un credente che, con l’aiuto di eccellenti collaboratori da lui stesso scelti, ha portato la Lombardia a un livello di sviluppo tra i più alti del mondo.
Il consenso ricevuto ad ogni elezione è sempre andato ben al di là del suo gruppo di riferimento, quello del Movimento Popolare attiguo a Comunione e Liberazione.
Da sempre i progressisti (ma progressisti di che? Della legge del piddino Zan tesa a consolidare la cultura lgbt, lesbiche, gay, bisessuali, transessuali?) rosicano e si macerano perché la Lombardia, che crea benessere per L’Italia intera con un Pil superiore a quello dell’Austria, è amministrata dal centrodestra.
Sarà un caso ma tutti i presidenti – Formigoni, Maroni e ora Fontana – sono perennemente sotto la lente d’ingrandimento della Magistratura milanese che non ha mai fatto mistero di nutrire simpatie per la sinistra.
Un fatto è chiaramente emerso dalla trasmissione di domenica sera: Formigoni non è finito. Anzi, è più combattivo che mai.
Gomez e compagni hanno trovato pane per i loro denti. L’inquietante monito “meglio rossi che morti” ha sempre meno appeal. I sinistri schiumano rabbia perché avvertono che sono sempre meno “maestri di pensiero”.
Didascalia: Roberto Formigoni (credit: Tempi.it)